Arpège di Lanvin: un amore al di là del tempo
Quando ho annusato per la prima volta Arpège di Lanvin ho esclamato, quasi con le lacrime agli occhi “sento uno dei più bei gelsomini della storia della profumeria!”. Si, perché Arpège un po’ commovente lo è, sia per la fragranza in sé che per la storia che si cela dietro la sua creazione.
È il 1927, e Jeanne Lanvin, rinomata
stilista della Parigi di quegli anni, desidera creare una fragranza in onore
della amatissima figlia Marguerite. Il rapporto madre-figlia sta molto a cuore della
nostra Jeanne: prima di 11 figli, non ha avuto forse mai modo di sperimentare davvero
il ruolo di figlia, in quanto impegnata a badare ai fratelli più piccoli da
subito, quasi che fosse stata una mamma sin dalla tenera età. Non è un caso, infatti, che Lanvin fosse divenuto
un marchio noto anche per le sue collezioni dedicate a madre e figlia e che la
moda per bambini giunse in auge proprio in quel periodo grazie a lei.
Ma torniamo a Marguerite: ha
appena compiuto 30 anni, è una musicista e nota cantante d’opera, e riceve da
sua madre uno dei regali di compleanno più belli che una persona possa desiderare.
Una fragranza tutta dedicata a lei e composta da due celebri nasi dell’epoca, Andre
Fraysse e Paul Vacher, quest’ultimo futuro creatore del primo Miss Dior (per
chi lo conosce, non sembra essere un caso). Il profumo non aveva ancora un nome,
quando Marguerite sentenziò che la fragranza “risuonava come un arpeggio”. Ed
ecco qui, Arpège.
La fragranza si apre con delle
sonanti aldeidi e qui il paragone con un altro ingombrante e più celebre aldeidato
della storia della profumeria sembra scontato. Ma mentre Chanel n.5 (parlo del
parfum, l’originale) rimane più austero, cristallino e talcato, Arpege affonda
in dolci note di pesca che ammorbidiscono la sferzata aldeidica iniziale assieme
un mughetto davvero protagonista in testa, con un carattere quasi lievemente
indolico. Il bouquet floreale che si apre nel cuore della fragranza, con rosa,
gelsomino, ylang-ylang, iris, prende subito la scena, accompagnato da una nota
aromatica simile al tè, data probabilmente dalla camelia. Il fondo è molto
ricco e cremoso, con vaniglia, sandalo, benzoino e muschi. La persistenza è più
che discreta, non aspettiamoci certo una scia paurosa, ma il profumo si fa
sentire, non è evanescente ma, anzi, piuttosto presente.
La sensazione durante tutta l’evoluzione del profumo è che si alternino fasi gioiose e riflessive, note acerbe e mature, fino alla parte finale in cui tutto si amalgama in un abbraccio avvolgente e si, direi proprio materno. Come il logo che si può ammirare sulla -ancora-bellissima boccetta.
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