L'Oblìo di Meo Fusciuni: il rifugio della dimenticanza
Sono stata a lungo incerta su come sviluppare questa mia recensione. Il motivo è che questo profumo è entrato a fare parte della mia collezione e della mia vita in un periodo così denso di emozioni, che provare a buttare giù tutto, nero su bianco, non è stato semplicissimo.
La frase che accompagna questa creazione di Meo Fusciuni è "E se il bene dell’uomo fosse dimenticare, anziché ricordare?". L'Oblio come salvezza, L'Oblio come quiete. Il cielo sa se ne avevo bisogno, dopo mesi di tribolazioni e paura, durante una lunga estate costellata di lutti. L'affanno dell'anima era così intenso, il peso sul cuore così gravoso, che l'unico desiderio che mi trovavo a ricercare costantemente era quello di scomparire, dissolvermi in una nuvola, cadere in un vuoto asettico che mi concedesse un po' di tregua. E, proprio con questo stato d’animo, mi imbatto in questo profumo. Non so se fosse questo il racconto che Meo desiderava accompagnasse la sua creazione, ma d’altronde alcune fragranze riescono ad instaurare un proprio dialogo con chi le indossa che sfugge e si libera dal primum movens del creatore.
L'Oblio è fondamentalmente un iris, semplicemente uno dei più belli che potrete mai annusare. Fuso con note che definirei mistiche ed esoteriche di incenso, sandalo e palo santo, quasi a donare la sensazione di essere avvolti dal fumo che fuoriesce da un turibolo senza però cadere in quell'aspetto ecclesiastico che spesso è associato a queste note. Le note tabaccate conferiscono quella dolcezza che ammorbidisce l’intera creazione, e che si fonde con la pelle avvolgendola in un tenero abbraccio.
Il profumo non ha nulla di cosmetico, ma è polveroso: non nel senso di talco, ma di un velo di polvere che ricopre i mobili, i libri, voi stessi.
È un profumo meditativo, non urla e non ha un sillage potente. Resta vicino alla pelle e, vi dirò, è giusto così. Il rapporto che si crea con L’Oblìo riguarda solo lui e chi lo indossa. E nient’altro.
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